Un passato che è presente

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Monitor – 05/2020

Strumentista e insegnante, Barbara Bertoldi si divide fra musica classica e originali sperimentazioni.
Con l’ultimo album ha reinventato i canti tradizionali della montagna con voce e violoncello

Violoncellista, ma anche cantante, insegnante, ma anche compositrice, Barbara Bertoldi ha una personalità musicale versatile e passa con grazia dal repertorio classico e da camera, al barocco più eccentrico eseguito con strumenti originali, per approdare a brani ironici e irriverenti e persino alla tradizione dei canti della montagna, da lei “reinventati” per voce e violoncello. Una vita in musica, che l’ha portata negli anni a una attività concertistica internazionale e a collaborare con artisti di fama. Ha all’attivo 6 album e diverse registrazioni e dal 2006 dirige l’Associazione Lucilla May con cui organizza e promuove eventi di musica classica.

Barbara Bertoldi e il violoncello: come è nato questo grande amore?
Ho vissuto di musica fin dall’infanzia, in una famiglia che incoraggiava l’arte e la creatività. Ho conosciuto il violoncello grazie a mio fratello, maggiore di me di 15 anni: suonava il pianoforte quando sono nata, già un repertorio importante. Io ho cominciato attorno agli 11 anni e da allora questa passione non si è mai spenta. Non mi sono mai chiesta cosa dovessi fare, ho sempre suonato, assecondando l’istinto.

Quale percorso di studi ha seguito?
Dopo il liceo classico e il Conservatorio a Trento, mi sono formata e perfezionata fuori provincia sotto la guida di alcuni grandi maestri italiani del violoncello. Un imprinting eccellente e rigoroso, che mi guida tuttora, anche se non ho mai smesso di studiare e perfezionarmi.

Lo studio la ha portata ad esplorare anche altri repertori?
Sì, sono sempre in cerca di nuovi stimoli, è un modo per scoprirsi, mettere in luce lati di sè inaspettati… e così, dalla musica classica e da camera, mi sono con gli anni interessata alla musica barocca, che suono con strumenti originali o con copie. E poi, ho ascoltato tantissimo jazz per anni. È un genere che adoro. Insomma, ho provato tutto e ora so quello che mi piace!

Studi e sperimentazioni l’hanno però condotta ad esplorare anche altre strade, dove lei è nel contempo la voce e la strumentista…
Sì, perché mi piace perfezionarmi, ma anche divertirmi. E l’idea di mescolare la mia voce al violoncello è nata proprio così: piano piano ho cominciato ad inserire alcune canzoni nei programmi di musica contemporanea che mi trovavo ad eseguire. Lo scopo era quello di alleggerire, rinfrescare l’attenzione con leggerezza
e anche un pizzico di ironia.

È da questi brani che è nato “Bestiario per violoncello narrante”, l’album pubblicato nel 2013?
Esatto e anche quell’album, proprio come le canzoni che contiene, è nato un po’ per caso e un po’ per divertimento… e ha avuto un successo che nemmeno io avrei immaginato! L’idea è arrivata una sera, in cui ho suonato per la prima volta tutto il mio repertorio di canzoni alla festa di compleanno di una amica. Il pubblico si è divertito un mondo e io mi sono chiesta come valorizzare e diffondere quel materiale… così mi sono messa al lavoro e nel 2013 ho autoprodotto “Bestiario per violoncello narrante”, che anche nella copertina e nella grafica si presenta in modo ironico e buffo. Da questo CD l’anno successivo è nato “Cello messa tutta”, spettacolo che racconta la genesi di queste canzoni e con quello abbiamo girato tutta Italia.

Nell’ultimo album, invece, “Se fossi una rondinella”, ha reinventato i canti tradizionali della montagna. Come è nata questa idea?
Ho sempre amato in modo sconfinato il canto popolare, in famiglia tutti ascoltavano le cassette con i cori della SAT. Nel dicembre del 2018 dopo aver assistito a un concerto emozionante del Coro Valsella ed essermi confrontata con l’amica e studiosa di musica popolare alpina Piera Gasperi, ho deciso di lanciarmi in una nuova sperimentazione: unire canti di montagna e violoncello.

È stato difficile?
Diciamo che in questo caso, avendo davanti una tradizione ben consolidata, mi sono affidata alla professionalità di amici compositori, che hanno adattato per me i brani prescelti. Non è stato difficile, il canto popolare nasce in origine per voce sola o per voce e strumento. Ho lavorato sodo tutta l’estate e autunno 2019 e a fine anno ho registrato per Velut Luna l’album “Se fossi una rondinella”, che è uscito a fine febbraio 2020. Ho fatto in tempo a presentarlo in due occasioni, a Trento e
a Pergine, poi c’è stato il lockdown… ma riprenderemo appena possibile!

Con la musica lei racconta anche molto di se stessa…
La musica è la mia vita ed è anche il modo che preferisco per comunicare, quello che più mi si addice. È anche un modo per realizzare le idee che ho. Ma soprattutto, mentre suono mi sento appagata, connessa col mondo e con il mio io interiore.

Un brano o un autore che ci consiglia di ascoltare in questo periodo?
Le “Variazioni Goldberg” di Bach sono un classico meraviglioso per come si dipanano… ma in questo momento, io consiglio di sentirci un po’ di jazz. Perché è l’improvvisazione che dobbiamo tornare a imparare, ma quella rigorosa… la creatività che esce dagli schemi, ma sempre all’interno di regole ferree… mi pare azzeccato per la fase attuale!

Giada Vincenzi